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farfalla

martedì 30 luglio 2013

Il tentativo

 Tutto è nato da questi benedetti vorrei. Se leggo e vorrei scrivere assimilo e vorrei condividere, immagino e vorrei far sognare, mi convinco e vorrei dimostrare. Essi sono tutti i miei limiti. 

Forse per questo non sono un tipo carismatico, uno che incanta come vorrebbe, anzi quando parlo devo essere una noia mortale, a volte cado anche in dialoghi che non avrei mai voluto iniziare.
Nonostante io sappia molto bene come sono fatto, vorrei però avere anche la forza di controllarmi, evitando di assumere con le parole e il tono quell'aspetto saccente che umilia più me dopo, visto che gli altri sono talmente gentili da non dirmelo, ma cambiano discorso appena possono. 
Tuttavia non riesco a farne a meno, me lo dico e ridico ed è più forte di me, ogni volta io puntualmente ci ricado per diventare ancora più petulante che mai.
Provo un fastidio nelle viscere mentre ritorno al ricordo e so che quando lo faccio e solo per farmi del male. Eh si perchè mi metto nei panni del povero malcapitato che tanto educato è stato ad ascoltarmi almeno per un po'. 
Alla fine succede così che nei momenti di dialoghi vaghi di ogni genere io mi accorga di aver parlato e riparlato di argomenti che a me avevano convinto quando li avevo letti, ma che quando dovevo dimostrare la mia stessa certezza di quei fatti ad altri, rovinavo tutto con la mia presunzione di sapere tutto. 
Per questo un giorno arrivai a pensare addirittura di fare qualcosa di proibito che mi facesse essere la persona che avevo sempre sognato.  Così mi dissi:
"Per la miseria adesso mi faccio una cannabis ed esco a fare baldoria, vediamo se riesco almeno così a parlare con naturalezza, senza tutta la mia stupida prosopopea". 
Già, perchè dicono che la cannabis ti rilassa e puoi dare il meglio di te senza freni o pregiudizi o secondi pensieri.
Ci avevo già provato col vino, ingollato a naso chiuso perchè per giunta sono pure astemio, e devo dire che tra risa di tutti e una mia discreta eloquenza, esposta con molta naturalezza, riuscii a far passare certe idee in cui credevo fermamente, da vero professionista. Ma non potevo continuare a mandare giù alcool, mi faceva davvero schifo. Così per molti anni andai avanti con bevute sporadiche e tanta iniquità.
Poi arrivarono questi incredibili anni delle new age marijuana, come cura di tante malattie psichiche e altro, per non parlare che pare sia anche un ottimo carburante, che a me è venuta voglia di provare. Adesso te la mettono su così, ma chissà magari potrebbe anche essere vero.
Mi convinsi non senza una buona dose di scetticismo, che se doveva far bene, ma ti toglieva di mezzo qualche neurone vattelapesca non mi importava, ero arrivato ad un età che non ne avevo più tanto bisogno, anzi meno ce ne erano, meglio avrei potuto affrontare le mie membra deteriorarsi.
Così decisi di coltivarla in casa, comprai i semini sul web e con le relative istruzioni mi misi all'opera. 
La piantai in un bel vaso sul mio assolato balcone, curandola con molta passione e dedizione.
E' inutile dire quello che tutto il mondo sa, e cioè che la cannabis mentre cresce, rilascia un profumo incredibilmente forte e intenso e non ti puoi sbagliare sulla provenienza ne sul tipo di pianta. 
Ebbene io non credevo che arrivasse a sprigionare così tanto odore, per giunta acre e pungente che a me non piace tantissimo, anzi per nulla. Quell'aroma se ne andava in giro per tutto il condominio, senza smettere mai.
Spesso mi capitava di guardare sotto il mio balcone, io abito al primo piano, e vedere i miei vicini che prima di entrare nell'androne di casa, si fermavano a confabulare tra loro e poi ogni tanto buttare un occhio verso l'alto di qua e di là. 
Insomma per farla breve, un giorno, si presenta il mio vicino di casa che dice di sentire un certo strano odore, che partiva dal mio balcone e arrivava fin dentro la sua finestra del bagno. Mi comunica anche che suo figlio gli aveva confermato che quello era l'aroma della cannabis. 
Apriti cielo che potevo dire? Con una faccia scandalizzata gli dissi che non era possibile e che mai avrei potuto coltivare una pianta simile. Ma lui non se ne andava, continuava a fare cenno che voleva vedere.
Così dovetti farlo entrare e fargli constatare con i suoi occhi, sperando che non la riconoscesse o che almeno lei si mimetizzasse così bene tra le altre, da rimanere invisibile.
"Eccola là" esclamò guardandomi, come uno che la sapeva lunga.
"Ma cosa?" dissi io di rimando con gli occhi spalancati. Poi girandomi verso la povera piantina che se ne stava lì, la più alta senza fare male a nessuno.
"Ma che quella?"domandai io incredulo. E lui sempre più risoluto mentre gli si avvicinava:
"Proprio questa, lo sa che è vietato, se vado dalla polizia una bella denuncia non gliela leva nessuno" legiferò guardandomi col ciglio puntiglioso.
"Ma è sicuro?" domandai accostandomi a lei per toccarla dolcemente mentre continuavo a parlare come se fossi caduto dal cielo.
"Guardi che l'ho comprata in un mercatino, non credo che lì si possa vendere la Cannabis" lo informai con un bel tono incredulo
"Senta" disse quasi aggredendomi "Lei non ha capito, la marijuana non si vende proprio da nessuna parte, è una droga. Chi le ha venduto questa" ribadì mentre con un cenno indirizzava con la sua mano la mia piantina.
"Deve essere un tipo da galera. E se come penso io, conosce dove abita, verrà a riprendersela"
Io scossi la testa e con fare instupidito gli dissi:
"Lei ha ragione, ma non fa male a nessuno e tanto carina, e poi io non gli ho mica detto dove abito a quel tipo, quando l'ho comprata"
Il mio vicino a quel punto aveva solo due cose da fare, o chiamare tutto il vicinato e anche la polizia, o lasciarmi perdere tanto uno stupido come me, non l'avrebbe mai usata per nessuno scopo. 
Lo vidi alzare gli occhi al cielo e fare un bel respiro per poi lanciarmi un avvertimento:
"Va bene ma solo per questa volta, appena si seccherà non voglio più sentire quell'odore nel mio bagno" disse perentorio.
"Ma certo, se le dà fastidio non ne comprerò più" confermai sempre mostrandomi un po lento di comprendonio.
Se ne andò girando sui tacchi come un tacchino impettito.
Morale, tutto il vicinato ora sapeva della cannabis, compreso il figlio del tacchino come ormai lo chiamavo io, che aveva avuto la conferma dal padre.
Un giorno venne a bussarmi alla porta, proprio lui il figlio e mi disse di chiamarsi Marco, scusandosi per la stupidaggine che aveva fatto. Io lo rassicurai che andava tutto bene e di non preoccuparsi.
Poi tra una chiacchiera e un'altra, mi fece capire che se volevo potevamo rilassarci e farci un bel giro. Ammiccai a Marco e da lì nacque una bella amicizia. Peccato che sono allergico alla marijuana, quel giorno vomitai anche l'anima, mentre il mio amico Marco sorrideva beato.

FINE